1900 / 2020 / 24 maggio Eduardo 120

A noi che il presepe non lo facciamo più, ma solo perché se ne occupano i figli.
A noi che tutte le volte che usiamo i puntini “sospensivi” – che sono tre – pensiamo che dicono tutto, perché “ si recitano, i sospensivi!”
A noi che ci commuoviamo quando sentiamo che i figli – come i morti – sono tutti “eguali”.
A noi che, pur in ammirazione delle raccomandazioni, non abbiamo mai fatto il caffè con il “coppitiello”.
A noi che Luca, il figlio, l’abbiamo conosciuto, ospitato e onorato.
A noi che abbiamo riso della magia che trasforma il colombo in pollastro, e compreso che la vera “grande magia” è l’anima umana, immensa e miserabile.
A noi che conosciamo a memoria tante sue battute, le stesse che abbiamo inoculato, come un vaccino, ai parenti lombardi nelle serate natalizie.
A noi che non potremo mai dimenticare che “buatta” è un francesismo.
A noi che abbiamo vissuto tante nottate e tutte sono passate.
A noi che abbiamo scoperto che i fantasmi possono essere desideri malvagi.
A noi che abbiamo dimenticato sia stato anche senatore ma solo perché non rinunciò al suo nome, singolo e assoluto: Eduardo.
A noi a cui continua a far paura, più di ogni altra categoria umana, il fesso.
A noi, eterni genitori e figli, che vorremmo trovare o aver trovato, il tempo per dire “Si te parlo, me parlo / si te veco, me veco…”.
A noi che sappiamo che la disgrazia non manda telegrammi.
A noi per cui Eduardo è tutte le stagioni della vita. La capacità di incantarsi, dell’infanzia, e di sorridere. L’ostile e vorace supponenza della gioventù. Il confronto costante della maturità, con la sua quieta serenità senza rimpianti o rimorsi. La docile disponibilità al ricordo della vecchiaia. E l’amara dolcezza dell’accaduto riassunto in un momento, che la tarda età propone,
A NOI. PER NOI, l’ultima commedia di Eduardo è quella che noi scriviamo e viviamo ogni giorno. E sempre da protagonisti. Ognuno con il suo talento.

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